Resti

Ci avviciniamo a grandi passi (ah ah ah) alla fine della parte di hiking continuativo del nostro viaggio, oggi da Paleochora siamo arrivati a Elafonisi, un penisolotto (si dice?) di dune e macchia mediterranea che crea quasi due lagune di acqua chiara con spiagge e calette di sabbia finissima e rosacea, per via – crediamo – di microframmenti di piccolissime conchiglie rosa. Siamo in un albergo proprio di fronte.

Ci resta, domani, piccola frazione per visitare il monastero di Chrisoskalitissa, poi bus fino a Chania e altro per Rethymno, dove abbiamo prenotato un monolocale nella parte vecchia (veneziana) della città. Di là comincerà la parte più tradizionale del nostro viaggio.

A noi, in verità sembra di essere in giro già da mesi, tanto si riesce a “staccare” facendo queste cose, ma è passata solo una settimana da che arrivavamo al villaggio di Chora Sfakion col bus…

Oggi abbiamo un po’ “barato”, sia pur con la autorizzazione del creatore della Cretan Way e della sua guida: i primi dieci chilometri, sull’asfalto e tra centinaia di serre, li abbiamo fatti in autobus. L’autobus suddetto partiva ahinoi alle 6:45 – fortunatamente il nostro delizioso alberghetto di Paleochora era proprio lì di fronte. L’autobus ci ha lasciati su una spiaggia, al termine della quale sono riapparsi gli ormai famigliari segnali giallo-neri del sentiero E4 che si inerpicavano sulle rocce.

Quasi subito, uno dei segnali ci è apparso così

Dopo un po’ eccone un altro…

e un terzo…

No, non è un nuovo tipo di segnavia, sono proprio scarpe perse o abbandonate sul sentiero, che qualcuno ha pensato bene di calzare ai pali segnaletici, forse per renderle più visibili ai proprietari che dovessero improbabilmente avventurarsi a recuperarle.

Sia chiaro, questo sentiero non è una discarica, anzi Silvia ha notato subito che tutta la traccia, le spiagge incontrate, ecc. sono pulitissimi, nessuna scatoletta arrugginita, tetrapak di succhi di frutta accartocciati, o bottiglia di plastica, comuni sulle Dolomiti nelle aree di sosta. Qui abbiamo trovato in cinque giorni di cammino solo due bottiglie d’acqua mezzo piene, segno evidente che qualcuno le aveva perse, poveretto, non che le aveva abbandonate.

Ma perdere le scarpe e su sentiero di lunga percorrenza?

Sono, comunque, i resti dei camminatori, che per qualche inspiegabile ragione si palesano in questo tratto e non negli altri che abbiamo percorso.

Una teoria… più prudentemente, un abbozzo di teoria ce lo siamo fatto: non sono le scarpe ai piedi che si perdono sullo E4, sono quelle di ricambio che qualche sprovveduto ha appeso all’esterno dello zaino [*] e sono state strappate dai molti cespugli e alberelli tra i quali qui bisogna farsi strada.

E, infatti, non sono solo scarpe ciò che resta sullo E4 dei camminatori che ci hanno preceduti…

questo, per esempio, è un body misura adulto…

E queste, sì, sono un paio di mutande (marca leggibile), forse appese a uno zaino perché asciugassero dopo veloce lavatura.

Verso la fine, a circa due chilometri dall’arrivo, in uno straordinario bosco di ginepri sulle dune, nel quale per anni si accamparono hippy e vacanzieri alternativi, si trovano anche i resti dei giochi di un bambino:

Ma questi non sono gli unici resti di umanità che si incontrano in questa sezione di E4. A un’oretta dall’inizio si arriva a una piccola e graziosa baia, dove sorgeva un edificio, probabilmente con funzioni di culto, in attività tra il terzo e il primo secolo AC.

Ci sono resti di colonne sulla spiaggia e in parte in acqua…

e tutti intorno si trovano ancora cocci di terracotta (due li abbiamo trovati anche noi), che i camminatori più attenti non portano a casa, ma depongono sulle rocce a formare una sorta di museo archeologico informale.

Oggi, chi fosse passato intorno in un certo punto a un’ora circa dal termine della sezione, avrebbe potuto sospettare di trovarsi al cospetto dei resti di altri viaggiatori…

Ma questi sono solo il segno di una oretta di paradiso passata da Silvia e da Mario in una baietta di sabbia finissima che formava una piscina naturale azzurro chiaro.

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[*] Abbiamo ancora nelle orecchie l’anatema dei nostri e delle nostre capo scout contro quelli che appendevano roba allo zaino: “Va tutto dentro!”